venerdì 25 settembre 2009

tranquillità, il rock è morto

e con i led zeppelin tramontava un'era. ora, non prendetemi per un tipo legato al vecchio rock. no, sono propedeuticamente portato a dire che tutto ciò che si sta facendo di questi tempi fa schifo, cazzo!!! a partire dalla depressione emo-punck & hardcore a cui si sta assistendo. le "rockstar" per così dire, ora, sono dei ragazzini che cantano quattro cazzate messe in fila dagli scneggiatori di soupopera. hai paura? è inqueitante (tra le altre cose amo questo termine) lo so. ancora immigrant song nelle orecchie con quell'urlo feroce, la calma starway to heaven.
adesso cosa ci resta? bè, visto che non mi va proprio di piangere, penso che mi farò una risatina malata. tutti i gruppi rovinati... dai green day, i sum41, i blink è ancora da vedersi; insomma tutti gruppi definiti gruppetti minkia. forse lo sono, non c'è più da prendersi sul serio ormai.

e mentre immagino una lotta tra cat stevens e bob dylan, con le loro rispettive father & son e the the times they are a-changin', le mani di jimi volano fiammanti sulla sua strato.

dove sono gli DEI DORATI di una volta?

per ora mi dedico ai the Gaslight anthem, vi consiglio the '59 sound.

giovedì 24 settembre 2009

chi sei tu... la mia, la mia... pallinaaaa

e mi verrebbe da dirti: sono la tua macchina del sesso !!! e per dio poi dicono che pensiamo solo a quello. ci credo ce la tirate appresso, ma magari ce la faceste anche prendere.

comunque miei cari inesistenti lettori, che non vi fate sentire nemmeno a puntarvi un fucile ditero la schiena, che cosa avete da dirmi?
io mi sono rotto di scrivere, leggetemi. mi sento tanto vecchio professore che, rincoglionito dalla noia, chiede ai propri somari di leggere. bene, ora leggete voi e scrivetemi...

fallo! fallo! fallo! (preso dal film starsky and hutch)

mercoledì 23 settembre 2009

PARLIAMO D'ALTRO...

cosa c'è di meglio di una mamma, che peggio di un memento mori, ti ricorda cosa fare? assillante come una cicala, che regola la tua vita. il bello è che dopo quest'ossessione siamo portati a sposarci un'latra donna del genere. la quale continuerà a dirci di andare a buttare la spazzatua, di prendere il centro della tazza o di abbassare il volume della tv. e perchè no, per aumentare lo steriotipo dell'uomo medio, ci aggiungiamo anche una suocera pedantemente amorevole.

ma... parliamo d'altro...

si vorrei che un bufalo mi caricasse e mi calpestasse con tutto il suo peso per quanta noia sono costretto a passare in questi giorni. e vedendo l'altra sera l'era glaciale 3 la mia mente ha registrato un fantastico dialogo... mai così folle.
faceva più o meno così:

- ma quand'è, esattamente, che sei impazzito?

- tre mesi fa... una mattina mi sono svegliato e ho sposato una banana; una banana orrenda... ahhh però l'amavo.

ed è questa la sottile, folle, ironia che vorrei tutti giorni sulla mia tavola; al posto della solita pasta e discussioni.

satelliti onniscenti

l'altro giorno, cioè ieri, che in un infinità di tempo da ora a quando lo leggerete sarà già l'anno scorso, guardavo il cielo. imperturbabilmente mosso. è tutto immobile, come in un plastico in rallenty, ma in realtà i miliardi di cambiamenti che avvengono sono impercettibili. tutto è velocissimo. se andiamo a studiare una singola stella, in realtà, il corso della nostra vita ci sembrarà un battito di ciglia a confronto. la nostra evoluzione è minimale... perchè non andiamo a tempo con l'universo?

e mentre immagino di poter volare tra le lune di saturno; guardo la rossa marte e penso a un pianeta abitato da futuri comunisti. qui intanto fanno telefilm sulla conquista dell'universo; in cui uomini in tutine argentate e pistole laser vagano per pianeti mancanti d'ossigeno. tutto quello che riescono a trovare sono una nuova razza di scimmie super-intelligenti. quelli stessi uomini che indossano occhialini da piscina per proteggersi dalla densa luce del sole, che parlano in strane lingue a metà tra medioevo e duemila e che aspettano di uccidere gli extratterrestri all'et solo per avere un riconoscimento americano.
insomma, degli attuali zap branningan.

la realtà è ben diversa. e mentre in argentina si immaginava l'eternauta, che potesse viaggiare nel tempo; qui si aspettava la tv a colori. in tutto il mondo la fantasia è stata soppressa dalla paura. si va avanti per conquistare... e l'italia, come ai tempi del fascismo, ha il diritto di espandersi anche in verticale. ebbene sì, mussolini voleva conquistare il pianeta rosso già allora. controsenso però l'importante è conquistare... combattenti di terra, di mare, di spazio!!!

ora, cosa ci resta ora. quando ci rendiamo conto di essere spiati da noi stessi, ci crogiliamo nella paranoia che qualcosa esista... quando in realtà siamo noi stessi a spiarci, a intercettarci e inquinarci. il satellite che ormai registra per sino quando scorreggiamo. è inquietante. bene, restiamo qui e aspettiamo il 2012? oppure andiamo avanti? entriamo nell'ottica dello spazio e compiamo finalmente disegni più grandi. meglio che ridurci ad ucciderci con gas di scarico; svuotando il sottosuolo estraendo petrolio.

il pianeta rosso aspetta li, imperturbabilmente rivoluzionario. turbato solo da vortici e tornadi, con montagne alte chilometri e sangue e terra che scorrono e gli danno quel colore così denso e vistoso.

il paranoico scrittore n°1...

martedì 22 settembre 2009

il cuore: immune da difese che non servono. che tremenda stronzata.

un truzzo che nn sa i congiuntivi, veste firmato, parla dialetto e si atteggia. è brutto, è pelato, ma si fotte la tua ragazza ideale. la storia della mia vita.
non prendetemi per sfigato, no, è il normale andamante delle cose. tutto quello che ondeggia in maniera placida senza cambiamenti. così alle ragazze, quelle che a scuola fanno sbavare anche i prof per intenderci, piacciono i tipi più idioti del pianeta e a te tocca dedicarti alle simpatiche alternative. per carità io le adoro... sono meglio di chiunque. ma per una santissima volta vorrei farmi una di quelle ragazze pompon alla colleg americano che fanno tanto sbavare...

ma sono soggetto a turbe psicologiche troppo pressanti e mi rendo conto che sarebbe solo sesso. pensandoci, mi andrebbe bene !!!

e diamoci dentro con lo svago. l'amore lasciamolo al cuore. per ora, innamoriamoci con il cervello.
così smettiamo di restare feriti a vent'anni; svegliandoci un giorno e rendendoci conto che le nostre corna sono così grandi che non si vedono completamente nemmeno nell'immagine riflessa nello specchio.

lunedì 21 settembre 2009

tara tarara tarara tarara taaA taaA tAA (leggere con intonazione alla master of puppets)

paranoiche canzoni commerciali mi ballonzolano in mente. che fino in fondo sono anche orecchiabili. però, ho dei limiti. preferisco ascoltare della buona musica e non vendermi a MTV. così ritorno a guardare l'enorme strappo che si è creato al lato delle mie convers. non capisco perchè diavolo mi durino così poco. mi metto in spalla la chitarra e con aria assonnata mi avvio al locale. sotto gli occhialetti scuri ho gli occhi pieni di sonno. e le zampe di gallina sembrano quasi solchi, che mi fanno le pupille a palla. basta con l'acol giuro... ehm, no meglio non giurare.

e così siamo arrivati al punto. le prove sono finite e mi avvio a casa con la mia ragazza. è buio, il locale è situato in culonia. tra l'aperta campagna e le case popolare; che bel clima. cani randagi affamati. la strada mezza buia. io cammino con lei al fianco tutti e due tentiamo di nascondere la paura sparnado cazzate. poi, improvviso li sentiamo. il rumore delle zampe che corrono e raschiana l'asfalto. in un momento ho defecato il mio coraggio e l'adrenalina m'è salita rendendomi rigide le chiappe. non saper cosa fare di rende pazzo, ti mette di fronte a scelte improvvise che normalmente non faresti. scopre il lato animale di te. e così da bravo animale mi feci forza. solo apparenza, aprii le braccia e mi allargai a mo di pesce palla. sembravo un big foot fumato. un urlo spaventoso si fece avanti dalla mia bocca, quasi un orso mi avesse ruggito dalla gola. i cani mi guardarono con occhi liqudi e scapparono. mi domandai che cosa avessi fatto. salvo.

i tre giorni a seguire furono di puro silenzio. la voce se ne era andata completamente. be ebbi tempo di pensare... se tutta questa apparenza spaventa tanto dovrei farlo più spesso.

scorreggie punk

la strada ha ormai preso il colore giallognolo dei lampioni. nel coplesso emana calma. l'atmosfera è pacata e un sottile strato di nebbia ti fa venir voglia di chiudere le palpebre. così, all'improvviso, riapro gli occhi; come mi fosse addormentato per una notte intera. sento due miei amici che parlano. uno tendenzialmente metal, l'altro anarchicamente punk. uno fa all'altro:

- bè così suenerete tu e il tuo gruppetto punk

il secondo - ehi, vuoi vedere che ti faccio una scorreggia in bocca?!

- si, ma sarà sempre una scorreggia punk.

l'eterna diatriba tra punkettari e metallari. tra rocker e metallari. tra metallari e metallari. e tutti questi messi insieme contro l'house e il teck, che sono meno di una scorreggia.

venerdì 18 settembre 2009

my way

allora, prof, ci sono tre metodi per risolvere la questione. il primo è quello pacifico, il secondo è quello violento e il terzo è a modo mio. ora siccome immagino non confidi sul fatto che io sia un tipo pacifico... credo abbia capito che gli ultimi due metodi richiedono la sua morte.

bene, spero, per chi ancora frequeta le superiori, che abbia il coraggio di dire una roba simile alla propria prof.

giovedì 17 settembre 2009

Pt.1 - aspetta di vedere il resto... dice il trans.

la ka rossa percorre, a tutta velocità, il vialetto sterrato, pieno di buche, che porta alla villa. parcheggia. inserisce la frizione. spegne la radio. si apre lo sportello. esce, lui, un tipo alto con la folta barba bianca che si attacca direttamente ai capelli. è magro, vestito in maniera molto casuale. trasandato e sciatto da inizio alla sua camminata, che sembra quasi un ballo. ha gli occhiali tondi di colore nero, al lato una riparazione con lo scotch. infila la mano in tasca e prende un mazzo di chiavi, che solo la bocca di un adolescente è più piena di metallo. si avvicina al portone verde, enorme. la casa è un castello. i colori sono vivi sul muro. una torre spicca tra gli alberi che circondano la casa.
non è disabitata, anche se lo si può pensare vedendo chi sta andando ad aprirla. quello sembra più un barbone; ho pensato subito appena l'ho visto. non può essere casa sua. invece si.
ma vi vorrei prima narrare del perchè mi trovi li, in quel castello, e di come conosca e sopratutto chi sia quell'individuo.

il giornalaio. un tipo pacifico. vende giornali, allegati, ognio tanto qualche rivista porno; sopratutto le legge. questo è il classico giornalaio, che tiene pulita la sua edicola, che vive in una casa normale, che ha una famiglia normale e una vita mediocre. questò è il tipo normale. poi c'è il giornalaio di cui vorrei narrarvi. il suo nome è carmelo. da quando i genitori gli hanno comprato un'edicola, lui, è fisso li. ci dorme ogni tanto, mangia, e legge dentro. l'interno è un completo disastro con scatoloni da tutte le parti. giornali che spuntano fuori da ogni busta. ma, a dispetto di ciò, li scaffali sono l'unica cosa in ordine; mette ogni minimo allegato e fumetto perfettamente inserito in ogni scomparto. il pavimento, come ho detto, è pieno di scatoloni e la gente è impossibilitata ad entrare. ad ogni richiesta, di repubbliche o giornali vari, lui si butta, come fosse in guerra, alla ricerca dell'articolo; con in sottofondo la voce dei clienti che pregano affinchè non si faccia male. ma per lui è come se tutto fosse in ordine... tutto perfetto. ed ecco che dopo qualche minuto ti si para davanti, a mo di guardia svizzera, con la rivista in mano. con aria quasi signorile.
il signor carmelo dorme e va in giro per la città con la sua fidata macchina rosso opaco. come fosse l'ultima fiammella di un fuoco morente. l'interno dell'utilitaria non è in pelle o altro, no, è in giornale. rivestito di giornale con interni in giornale. lui dorme li tra l'inchiostro e la carta, eppure non ha mai sperato di diventare giornalista o che so io. no, lui è li che mangia il suo bel piatto cinese, con le sue bacchette, mentre tutt'attorno c'è scritto del mondo che va avanti. così non ha bisogno di tv e radio. non si rincoglionisce il cervello e vive nello spazio che li basta senza strafare.

oggi ho deciso di interessarmi a questa strana creatura. a dire il vero siamo in due; io e il mio amico. così per curiosità intraprendiamo un discorso con lui.

-"buongiorno"
-"buongiorno, mi dicano". lui tratta tutti come fossero persone importanti; per questo tutti nel quartiere lo trattano con rispetto.
-"ce l'hai per caso la copia di xl?, e come sei finito a vendere giornali?"
non ci credo. gli ho fatto la domanda. paura.
poi lui, che già aveva inziato a cercare, si gira e con aria di superiorità mi fissa. mi dice.
-"ci conosciamo?"
-"no, non penso. lui però è figlio della cugina di una tua lontana parente, io sono suo amico."
il mio amico mi guarda scandalizzato. il giornalaio, sentenzioso, mi fa
-"scusatemi. ecco la copia, fa tre euro, grazie."
prendo la rivista, pago. lui entra nel gabbietto e chiude la porta, senza proferir parola. mi ha liquidato. non continuo ma prima o poi saprò che cosa c'è sotto la sua vita.
intanto lo vedo girare, sempre con sguardo serio e pensieroso, con la sua ka rossa opaco. mi balena in mente l'idea che sia un serial killer, o un hippi in pensione o un musicista folle. forse ha talemente tanta personalità che, anche se fa il mestiere più umile, riesce ad attirare l'attenzione su di se, mai con sgarbo. è sobrio. un barbaro signore. ma un signore.

scrittore n°1...

propedeutica propensione per la bottiglia

dirò solo una cosa... è la dirò buona. amo il vino. amo il vino e tutto quello che comporta.

next performance

-"Mr.punch chi hai affrontato durante la tua vita?"

è questa la domanda che è alla base delle mie follie. sono cresciuto; fuori... dentro. sono cresciuto, certo, ma ricordo ancora la mia, piccola, infanzia. quando tutto ti sembra grande; come se stessi guardando un transatlantico pronto a salpare per l'alto Oceano. quando ti accorgi che in realtà ti trovi su un bateau mouche, che traghetta per rive sporche i suoi passeggeri. e ora che vedo tutto sotto un altro punto di vista, anche adesso, non cancellerò mai la metaforica vita di Mr.Punch. un ometto con i fili, che ballonzolando sul palcoscenico, mette in scena la natura umana. è lui il simbolo della vita dopo la follia. l'accettazione di ciò che non si riesce più a sopportare. la liberazione. crescere è solo una parola. come quando vediamo il ghiaccio sciogliersi in acuqa... quel che resta è sempre acqua, o viceversa è sempre ghiaccio. ora, ciò che conta, è come l'acqua riesca ad infrangere gli argini e a straripare, o di come il ghiaccio resti ad assumere la forma del contenitore. io sono l'acuqa. premesso ciò mi accomuno a Mr.Punch. la storia inizia adesso. la storia dell'uomo per quello che decide.

la risposta - "io ho ucciso mia figlia, ormai diventata un peso. ho picchiato a morte mia moglie; perchè si lamentava troppo. ho mandato al campo santo il poliziotto venuto per arrestarmi. ho beffato il giudice, che voleva fare giustizia, e l'ho assassinato. ho impiccato il boia. ho fatto sparire il fantasma che mi tormentava e messo nel sacco il diavolo. non sono mai morto. e rido ancora pensando al medico che vedendomi steso sul pavimento mi chiese se fossi morto. il rimpianto è solo una risata. ora, il dilemma è, cosa fare ora. cosa fare ancora?"

la risposta - "Mr.Punch, ora sei libero. hai ucciso il diavolo e così la morte. ora sei libero."

la libertà si conquista con la follia.
giungere all'estremo. l'estremo di un mondo regolato.
aspetto la prossima risposta; questa è troppo semplice.

lunedì 14 settembre 2009

meglio di gesù e gli apostoli

la musica penetra lievemente dallo spiraglio; formatosi dalla porta socchiusa.
tranquillamente mi lascio andare. sono disteso su una vecchia poltrona stile barocco, con intarsi d'oro e stoffa blù, e sprofondo sempre più verso il pavimento. luce non c'è ne, entra solo una raggio giallognolo proiettato dal lampione fuori la finestra. la casa è governata da un'atmosfera pacata e soffusa. la polvere è libera di volteggiare in giro. tutto sembra così pastoso. immerso nel blu profondo. i dipinti e i rilievi sul muro sembrano guardare tutti me, come fossi il centro della stanza, l'unica cosa che dà colore.
horror vacui. paura del vuoto; ho necessità di riempire la mia vita. mi rendo conto, guardando la stanza, che ho bisogno di qualcosa. non sono completo, non che portò mai esserlo, ma vorrei provarci. mi riempirò gli spazi con il colore se necessario.
svenderò i miei insegnamenti su come conquistare le donne; di questi tempi sarebbe la cosa più sicura. l'unica cosa che possa interessare all'uomo. niente dio o chiesa o religione. no, solo la libertà sessuale. vi do questo: libertà di amarvi senza limiti. non voglio che mi siate fedeli. Handy Warhol, in fondo, ha cornificato Dio mitizzando Marilyn Monroe.
niente libri sacri. tramandiamo tutto di padre in figlio.
sto delirando... ma è così difficile seguire una semplice regola?
allora diamoci dentro. amate gente, amate.

domenica 13 settembre 2009

estratto del mondo che va

non sperare, mai. non sperare a meno che non abbia certezze; e anche allora non avrai bisogno di farlo. quando si cade non c'è bisogno di sperare; quello si chiama pregare. ora, prega.

il treno parte e con lui i pensieri nella mia testa. affacciato al finestrino guardo la lenta involuzione della natura: palazzi; che sorgono nel verde, strade incomplete, alberi malati e smog. sono li che fisso, bello il tramonto; penso tra me e me. è vero, è stupendo. amo quella luce calda che filtra dal finestrino e mi infiamma gli occhi; come un bambino con una grande lente filtra i raggi del sole per bruciare le formiche. la mente vaga, tocca spazi infiniti, le pareti del mio cranio si sono allargate inglobando tutto l'universo. milioni di problemi, milioni di risate, milioni di strade, milioni di persone.
non sono solo, c'è vita intelligente su questo pianeta. allora mi domando subìto perchè, se c'è vita intelligente, va tutto così a puttane, con tutto il rispetto parlando. presidenti psico-nani, vallette, puttane tutti al parlamento; come fosse un grande asilo nido dove colorare disegni di legge. quand'è che gli mandiamo qualche bravo maestro che li insegni come prepararsi il ciucciotto o come non piangere per ogni capriccio urlando: lo voglio, lo faccio. oh, ma che sbadato non ci sono più maestri o meglio stanno tutti impazzendo per trovare un posto di lavoro. troppo occupati per preoccuparsi dei nostri onorevoli.
idea scartata. si, la scartiamo come idea, ma almeno facciamo qualcosa perchè la loro prima parola non sia: mafia. mi sa che è tardi.

non citerò la fame nel mondo, non serve. non citerò l'inquinamento, non serve. non ciertò il problema dell'alcol, della droga, dell'idiozia giovanile. non serve.

il terno si ferma. è la mia meta, per ora. scendo. la stazione è vicino ad un bosco, prendo a camminare per il sentiero. giungo in cima alla scarpata. di qui respiro, vedo la cittadella sottostante. piccola, con poca vita, ma allegra.
il verde mi ricopre completamente, l'erba è alta, e ogni minimo ramoscello ha preso il colore rosato del tramonto. vorrei fumarmi una sigaretta. non è la nicotina che mi serve. no, è vedere il mio respiro per quello che è... sporco. dopo la prima boccata, aspettare. espirare e vedere la nuvola grigia che hai tenuto dentro venire fuori. guardarti, non letteralmente, e dirti questo è tutta il nervosismo che avevo dentro. ora è venuto fuori. sarebbe bello fosse così; ma per tutto c'è un lato negativo. il problema è che una parte di quel nero-grigiastro con tutte le mie ansie e negazioni resterà sempre con me. si accumulerà sul fondo dei miei polmoni e li, patina dopo patina, mi farà nero il cuore. ma in fondo siamo liberi di appartenere a chi vogliamo. io non appartengo al fumo, preferisco l'alcol... alle feste, di tanto in tanto. una sana dipendenza. lei da a me, io do a lei.

passano tre ore. decido di riprendere il treno. mi rifaccio la sfacchinata e rieccomi alla stazione. salgo. ormai la notte mi fa chiudere le palpebre. dinuovo il treno riparte. io li al finestrino che guardo il buio e il riflesso delle luci al neon interne. mi si amplia la mente come una mongolfiera e torno a pensare.
ricordo i miei amici. quella sera eravamo colti da risate isteriche attaccatecele uno dopo l'altro. così il mio amico fa: guarda quello, ride in continuazione. sta sempre a ridere, ma che vita è?!?!.
l'ilarità, lui che si mette un fiorellino in testa e noi: mamma mia quanto sei sexy. passiamo davanti ad un bar, lo indichiamo alla gente, tutti lo guardano, lui serio, nessuno ha il coraggio di dire niente. poi uno, mezzo ubriaco, ci fa: cazzo, amico, fai davvero schifo.
ridiamo. è stato il primo sincero. ubriaco, ma sincero. la gente dietro, invece, ci guardava come fossimo ricchioni. rimaneva ferma, come fossimo tipi da evitare appunto per questo. non voglio scrivere altro. lascio intendere.
sono single e penso alla mia situazione. al problema dell'amore. poi vedo una bellissima ragazza, di colore, che attraversa il corridoio e si va a sedere. ha le treccine è meraigliosa. la sua faccia è solare anche se è completamente nera. quasi mille raggi illuminassero, come il sole, solo con un suo sorriso. mi mette felicità. si dipinge sul mio volto un sorriso e non penso più a niente. immagino non sia una puttana o lo spero, non che cambi molto, mi dispiacerebbe sapere che è venuta fin in italia solo per prostituirsi.

il terno continua la sua corsa. si ferma e si riferma. con tutti i problemi che ci sono dovebbe continuare all'infinito e io con lui; per poterli pensare.

scrittore n°1...

venerdì 11 settembre 2009

il portaborse

ed è questo, svoltato l'angolo, che mi ritrovo a pensare: ho proprio voglia di innamorarmi in questo periodo. mi si delinea un leggero sorriso sul volto. un misto di autoderisione e commiserazione. si, ma io non voglio innamorarmi di una persona. no, non ho bisogno di una persona. ho bisogno di sentire l'amore sccorrermi nelle vene, di sentirmi vivo e soffrire. ho bisogno del sentimento, quello puro. una persona votata all'amore. non immagino altro, non sento altro e non c'è altro che mi potrebbe portare su un'altra strada.

sentire l'amore.

la mia giornata va avanti. la mia vita va avanti. ragazze, ragazze, zoccole, ragazze. non c'è niente. non sento niente, non è amare. eppure, come ho detto, non ho bisogno di una persona in se per se da amare ma quanto provare il sentimento.
mi sento abbastanza tradito dai miei sentimenti, forse mi cornificano facendosela solo con i miei problemi.
non è tempo di partire, viaggiare come la mia mente di solito è portata a fare. no, io resto qui. non fuggo.
la ricerca, la conquista, la riuscita e la fine. sono le normali tappe dell'amore.
le tappe normali non fanno per me. mi adatterò, prima o poi, lo sento.
così continuo ad essere sincero con me. amare non è male. voglio trovarti... anche per poco. voglio trovarti senza averti mai visto, mai conosciuto, mai sentito parlare. voglio sognarti, non averti per me. voglio giostrarmi sul nostro rapporto, come un equilibrista su un filo. senza attaccarmi come una calamita al polo opposto. non pensare a te ma a noi. voglio il giusto equilibrio. siamo su una fune acrobatica. su una fune acrobatica pronto a sfogarmi e a dare il miglio di me. e cadere su un tappeto elastico che mi riporterà su e mi riporterà a ricominciare. voglio amare.

scrittore n°1... che ultimamente sta scrivendo un pò troppo. mi chiedo che fine abbia fatto lo scrittore n°2...

giovedì 10 settembre 2009

friends, splatter, fetish, trash and underground

si discuteva l'altra sera, meglio, ci si sbronzava di discorsi idioti. si ragionava sull'anderground, che spesso abbiniamo al trash. e mentre mi balenava in mente l'idea di underground come ferrovia sotterranea dove servono caffè a persone rivoluzionare e alternative i miei, cari, psicotici amici terminavano il discorso con un contorno di porcate splatter su sfondo fetish. e per concludere l'immancabile drinchetto erotico; che scivola nell'intestino come assenzio. ti brucia la bocca e ti fa sognare. i discorsi si districavano più o meno così:
- si, smettiamo di farci le sorelle degli amici.
se ne viene con questa uscita, sentendosi chiamato in causa; perchè lo è. tutti lo guardiamo come a dire: cristo, ma se tu sei il primo.
e si va avanti. il mio amico guarda l'altro e serio con una voce misto: mike buongiono, pace all'anima sua, e vecchia prof di inglese che scorda le parole italiane
- ma che cazzo ti fai tu, ammettilo, ti inculi le vacche morte.
e insieme
- ma te l'immagini.
si passa al delirio.
- ok, ragazzi, basta. smettiamola con le sorelle.
- ok, smettiamola. passiamo alle zie... sono più mature.
momento. il vomito ha raggiunto la mia gola; ma al posto di uscire è andato dritto al cervello contaminando i neuroni. mi mandano immagini delle mie zie nude. cancella, cancella, cancella.
così il mio amico fa.
- cristo, vorrei riempirla di clcestruzzo mia zia, che schifo. le murerei la figa.
forse mia cugina. scometto che se adassi e le chiedessi di trombare lo farebbe.
arriviamo alla zona genere fetish-porn. e dentro con le fantasie. così il mio amico confessa di avere una proprensione feticistica per i piedi, chi per le gambe e chi per la faccia.
- io le verrei sulla pancia.
- io le verrei suelle mani.
- io le leccherei i piedi.
silenzio, sguardi fessi fissi a fissare il vuoto. come cercassimo nel buio qualcosa che luccicaasse. qualcosa ancora di sano nel nostro amico, per noi è assurdo quello che ha detto.
e lui serio.
- quando gleilo chiedevo alla mia ragazza lei restava un pò imbarazzata. ma vorrei leccarle i piedi
silenzio, ancora. e poi riprendiamo con la casciara.

io penso al mio amico, a quello che ha detto. dopo poco mi rispondo: bè l'amore è anche questo, una gentile sottomisione alle proprie voglie.

scrittore n°1... non, eccessivamente, in sè

mercoledì 9 settembre 2009

Pt.3 - tutte le migliori saghe sono tre. questo è il tre

sono talgiato fuori dal mondo. qui è solamente contaminato dalla modernità. come se portassimo un videoregistratore nel medioevo. faccio colazione e vado a fare un'escursione su in collina. c'è un tempio li. uno stupendo tempio, visibile anche dal villaggio. faccio tre ore di sentiero sterrato, con la temperatura che si abbassa e l'atitudine che aumenta. guardo giù e... no, non provo paura. non sono vertigini. sembra un plastico, come se una città di vermi si fosse sviluppata attorno ad un bonsai. iniziano le scale. che tortuose, come un millepiedi, si intrescano nella roccia fino ad arrivare al tempio. mentre salgo vedo la gente scendere. sembra oro. il colore della loro pelle cambia. la loro ricchezza interiore, la loro cultura seppur contadina, è fuoriuscita per farsi visibile a tutti. che ne pensi di continuare? dicono le mie gambe. il mio corpo parla, la natura parla, i miei neuroni infervorano è tutto vivo. spero di non essere paranoico. arrivo al tempio che il sole è già alto in cielo.
il caldo lo avverto poco. la gente prega in rigoroso silenzio. il rispetto, il pudore. sono schifato dalla nosta cultura; dal modo in cui si è evoluta. rispetto a questa gente mi sento un guscio vuoto. io, so che non c'entra niente, vorrei essere un monaco tibetano. mi godo il panorama che si estende fino alla nebbia degli occhi. immenso. solo. autosufficiente.
la cultura tao. l'essere nasce dal non essere. la visione più grande. trascendete, inscendente. oltre. c'è qualcosa oltre. non è solo materialismo e nichilismo. non sono più circondato dalla cultura occidentale.

diario di bordo del capitano: crisi stellare... sono finiti li stecchini e con loro la possibilità di vedere l'ultimo samurai. battuta ignobile, ma sognavo di farla.
non siamo noi che giriamo attorno alla galassia ma è la galassia che gira intorno a noi. siamo destinati a restare fermi per sempre. quindi, accettiamo la vita come viene e tentiamo di divertirci. ogni posto, anche il più bello, è una galera.
vado a pesca. e voglio affogarmi nelle ghiacciate acque del lago.

è pomeriggio. il solo è un limone in picchiata. diventa rosso fino a scomparire dall'altra parte del globo. è prorpio una brava puttana; penso. mi faccio largo nella boscaglia, nel fango e tra i rapaci neri che mi guardano con sguardo ingrifato.
i demoni chiusi nelle piccole case di legno, quasi come quelle dei cani, tacciono.
arrivo al lago, attacco l'esca all'amo e pesco. non l'ho mai fatto. mi metto in posizione yoga. ispiro, espiro, mi gratto le natiche; che stanno perdendo la sensibilità a stare sulla roccia. ora dopo ora, dopo ora, dopo ora mi accorgo che anche i pesci sono troppo furbi per me. così mi addormento.
sono svegliato dal rumore di schizzi d'acuqa.
donne, tante. si stanno lavando. nude. non provo niente ho accquisito uno strano senso del pudore. le guardo non troppo ossessivamente. voglio che mi vedano anche loro. ma sono troppo impegnate. capisco che sono lucciole. non hanno una casa, quindi, non hanno nemmeno un bagno. danzano e i capelli immobili, neri, come lame di rasoii schiaffeggiano l'aria. mi trascina la danza e cerco di copiarle. fallisco miseramente. ora la vedo, lei, non si differenzia molto dalle altre. non è particolarmente niente. è un pò in disparte. la guardo e con le mani gesticolo, putando verso di lei, dicendo: guardami... guardami... guardami.
lo fa. rimango una statua come un guerriero dell'armata di terracotta. pronto a combattere ma fossilizzato in una corazza di pregiudizi e paure.
mi faccio forza, sono un guerriero, sono l'ultimo samurai. circumnavigo il lago a piedi. ci incontriamo a metà strada. lei non parla. mi guarda. un bacio, profondo. poi mi discosta. è nuda, ha solo uno staccio tra le mani. mi spienge più lontano. il tempo di capire cosa stesse succedendo, lei, non melo da. è fredda, con la mano solleva lo straccio bianco, e fuoriesce un pugnale. va in affondo senza troppe smancerie, siamo solo al terzo appuntamento e già mi vuoi penetrare; penso io sorridendo. io avrei aspettato almeno una settimana. non mi sposto il cuore sparge il mio sangue in tutte le direzioni. su di lei. cado a terra e fisso gli alberi e li spiragli che le foglie creano permettendomi di vedere la luna. la luce. si inginocchia affianco a me e mi dice: non posso amare, non sono di nessuno. io sono di tutti e tu non puoi avere la presunzione di avermi per te.
il pensiero va a Dante; ha fatto un lavoro con i controcazzi.

diario di bordo del capitano: data terrestre sconosciuta. atmosfera fresca. si può respiarare. sono seppellito vicino ad un salice senza tomba nè lapide. crescerò con questa terra. sono parte di questa cultura ora. e potrò vedere la gente dorata tutti i giorni. sono felice. la giostra per me ha iniziato a girare. e io sto contribuendo con il mio corpo a dare carburante.

scrittore n°1...

la cartaigenica ha mille usi

un dottore, ricco, famoso, sposato. lascia la moglie, incinta, e sposa una puttana.

martedì 8 settembre 2009

Pt.2a - ti do il mio cavalluccio dorato in cambio dell'amo

diario di bordo del capitano: data stellare... ubriaco perso di ciò che non ho. mi viene in mente, ora, e mi stringe il cuore; come una mano gelida che recide ogni legame con le altre arterie. è una geisha. una puttana? che sia davvero una lucciola?. questo fatto m'importa, al contrario del resto.
m'è volato l'amore.
spero il dragone che è sul tetto non l'abbia ghermito.
ci devo dare dentro, ora. non devo pensarci, impossibile. tanta bellezza.
facciamo decollare l'astronave e rapiamo qualche alieno... ho bisogno di sfogarmi e vivisezionare qualcuno. ho bisogno di vedere se soffrono come noi... come me.

il giorno è lieto. i fiori di loto svolazzano rosa sulla mia spalla. tipica immagine da film, iconico, di una storia d'amore. la vita è intrigante. altro che le serie americane e i telefilm ingarbugliati fino all'ultima puntata. questa scenografica realtà mi piace. faccio un giro per il pesello. vedo i cortili, gli alberi che si intersecano con le case creando un'armonia perfetta e le donne che stendono i panni dopo averli stricati a fondo con le loro calde mani.
mi fermo davanti a un cancello verde che da sullo spiazzo di una casa. all'interno parapetto in legno cicondano la piazzetta. tutto è bianco il pavimento, il legno e l'acqua; che ha preso il colore bianco delle nuvole. bianco, freddo. la casa si distacca dall'ambiante circostante, lo si nota subito. all'interno del cortile un umomo e una donna in saio nero passeggiano recitandosi poesie. sono soli, loro due, a recitarsi poesie. non si baciano mai, non si sfiorano, si guardano furtivamente. è una danza, una guerra, una sfida all'impulso animale che ci manovra. vince chi... non vince nessuno è solo amore. solo.
li lascio ammazzarsi di voli pindarici.
e mi dileguo come un borseggiatore che ha appena rapinato una vecchietta e si rende conto dello sbaglio. vorrei tornare indietro, ma...
voglio trovare la donna e parlarle. le mie tecniche di seduzione mi tradiranno; penso. faccio schifo. continuo a camminare sotto il sole cocente. mi riposo sotto un salice. grande, verde, fresco, calmo. le sue foglie mi avvolgono come un manto. mi fa promesse di sonno e prende le veci di morfeo. crollo. libera nell'aria clorofilla che sembra una dolce droga. ossigeno che mi porta a sognare asini volanti, un robot argentato indistruttibile che mi insegue pronto a distruggermi, una fuga in treno, un finestrino e una famiglia di scrittori che rompe una tv.
mi sveglio quando il tramonto mi si apre come una pesca.
è dinuovo notte.
calda. mi voglio perdere. e farmi cullare dalla luna che mi imbroglia. poi nelle stradelle battute; percorse ancora da cuochi che portano a dorso d'asino le pentole. appare spalancando la porta-finestra. inaspettata. lei. viene scaraventata in strada. la afferro. non faccio domande. la vedo stanca. la porto con me. ci fermiamo alla mia locanda.
la stanza è buia, accendo subito i ceri. è atmosfera. non mi guarda mai i faccia, si stende. alza lo sguardo e l'incrocia per la prima volta con il mio. si spoglia e mi chide di farle un massaggio. è nuda. da bravo, non pensare al sesso; dico tra me. così la massaggio, tranquillo. è rigida ma si rilassa dopo qualche mossa. non ho mai fatto un massaggio spero di essere bravo o perlomeno di non farle male. sembra gradire. si fanno le tre. si veste e se ne va. mi lascia solo. il letto è mio. la finestra mi guarda: sei come me. puoi essere solo filtrato dai sentimenti; come io dal caldo e dal freddo. e non posso fermarli. è questo che mi direbbe se fosse viva.
gi alberi di loto illuminati dalla luna bianca sembrano ghiaccio.
ho deciso minaccerò la mia anima affinchè mi dia almeno la metà della forza che voglio per riuscire a concquistare quella bianca venere, morbida geisha, lucciola radioattiva, capitatami tra le braccia. ho bisogno di un the.
non ho soldi... mi ha rubato il portafogli. sorrido e penso voglio continuare a farmi derubare se è così piacevole.
arrivo al banco giù in strada. sollevo la tendina, mi accomodo. e ordino il mio the. sono solo li. il tipo giallo, con un sorriso, prende e mi porge la tazza. non ho soldi dice la mia faccia. lui continua a sorridere. così esco dalla tasca il mio orologio; messo li per non avere costrizioni di tempo. e glielo porgo. pensa sia una patacca? no, esce una lente e vede che è vero. sono sempre più stupito... ognuno di questi uomini ha più capacità nascoste. mi sorride, mi da una pacca sulla spalla, e mi dice: ohoh bello mio, ti sei fatto fregare dal cervello nelle tue mutande. dio, immaginatevelo. imporvviso, con il suo accento flesso e... dio immaginatevelo.
non voglio sapere come sappia l'italiano. ma Dante ha fatto davvero un buon lavoro, con i controcazzi.
non mi ridà l'orologio. io non lo rivoglio, anche se la mia faccia esprime il contrario. allegro e doppiamente fregato.
così mi fà: amico mio, ora, ti do una cosa io. oltre al the.
si rintana dietro, per qualche secondo, sbucando ogni tanto, con la faccina sorridente da schiaffi. torna. allunga le mani e mi porge una canna da pesca e un amo. e mi dice di andare a pescare al fiume l'indomani. gli darò retta. mi fido, in fondo male che vada mi ruberanno tutto e non potrò più tornare a casa.
amo questo posto, è la vita, è la vecchia città. non si cambia ci si tramanda.

scrittore n°1...

Pt.1a - il cimitero non è un posto da b-movie horror

non c'è pioggia. il celo è sereno, una bella giornata autunnale. le foglie volano arancioni. se le si prende in mano si possono notare le venature rosse; quasi come il sole le avesse drogate di se. l'aria è frizzante, una di quelle giornate in cui ti va di fare di tutto. ma abbandono subito l'idea di poter fare di tutto.
le vie del centro sono ghermite di gente lavoratrice e poveri diavoli che chiedono la carità. una brezza lieve mi sconquassa e mi fa vibrare la schiena. questa mattina la spreco a fare avanti e indietro per i parchi verdi.

è un racconto vuoto e vi deve trasmettere appunto questo. il vuoto e l'insoddisfazione di averlo letto.

il giostraio spero muova la leva dell'accelleratore e faccia andare la ruata più veloce. ma per non fargli fare tutto da solo gli do una mano anche io. farò un viaggio.
e così si parte. cina, giappone. una differenza abissale tra le due nazioni, ma da bravo italiano resto della convinzione che siano uguali.
l'aria è puro smog, come se il cloro di una piscina fosse evaporato entrandoti d'un fiato nei polmoni. la gente gialla gira all'impazzata. imitazione di un'america all'ennesima potenza. si macinano uomini e si va avanti; chi si ferma... no, non è nemmeno contemplabile fermarsi. abbandono la città pensado che ci sia di meglio a quel mostro che erutta smog e permette a dio di farsi qualche sigaretta anche nell'alto dei cieli.
io voglio visitare il vero giappone, ora. prendo un terno superveloce, un altro e un altro ancora. arrivo nella zona arida della città. e man mano i treni peggiorano arrivo a prendere un camion pieno di gente gialla. sono diventato del loro stesso colore per i sobbalzi, il vomito mi prende. mi giro faccio ciò che mi ordina il mio intestino e mi rigiro. continuo a sobbalzi con il fazoletto, bianco, premuto sulla bocca e le guance gonfie. una scena da film. attorno un mezzo, stupefacente, deserto. amo, puro amore. mi trasmette una calda solitudine. arrivo nella cittadella quella vera che rispecchia la società. dove il tempo si è fermato e le case ancora si reggono con il legno e i colori rossi e gialli con cui sono state costruite secoli prima. templi, templi e templi. ti da pensare. ma quanto prega sta gente, sono così infelici?

diario di bordo del capitano: oggi sono davvero sexy. stasera si esce, festa popolare. si prende la decisione formale di voltare a destra e proseguire per lo spazio infinito, finchè non si trova una bella donna gialla da sposare.
squallido? no, le ragazze qui sono delicate e sanno ucciderti con la stessa delicatezza e violenza con cui affettano il sushi. sanno quello che fanno e non sono ingenue. ho indosso la tunica comprata in mattinata, blu con ornamenti oro. non nego che è un piacere indossarla... mi sento a casa come se fossi sempre stato qui. la vacanza procede e le colline verdi mi chiedono formalmente di andarele a visitare. penso che farò un'escursione. punto e termino. data astrale... spero di vedere un samurai.

spalanco la finestra-porta. e il colore delle lanterne rosse penetra nei miei occhi e si incastra nel mio cervello irradiandomi come le foglie autunnali. il giallo oro si proietta infondendo calma senza tempo. la gente vaga lieta e onora la festa. non c'è neinte di spudoratamente suqallido non ci si ubriaca... qui si vive. si sta calmi, almeno, nelle festicciole. i bei palazzi con quelli intarsi indecifrabili e irricollegabili. leoni, cicogne e antilopi vegliano il notturno. non c'è la gente travestita da drago gigante che vaga a zig-zag. non c'è finzione. è colore, sorrisi, danze. ma arriviamo all'interessante. mi sono perso... e chi ti può sbucare dall'angolo se non una meravigliosa fanciulla, vestita di verde seta, che ti vuole indicare la strada? bè ma proprio: una meravigliosa fanciulla, vestita di verde seta, che ti vuole indicare la strada.
e lo fa. tentiamo di capirci. io parlo fifty-fifty tra inglese e spagnolo, misto a francese, misto a tedesco. l'italiano mi salva un poco. la lingua di Dante... dio se solo fosse stata esportata sta "lingua di Dante".
mi fa vedere la città. non mi interessa le guardo solo le labbra. i capelli neri e i suoi, non, occhi. il sesso per me è implicito. per lei no.
e giunto in albergo, lei, mi lascia e dice che mi verrà a trovare.

scrittore n°1...

lunedì 7 settembre 2009

il vago viaggio del vagabondo vagamente veggente

il mio amico è gay. è un inizio interessante. ebbene si è gay. non ha bisogno di maschere, non se la prende se lo si sfotte e non è mai spudorato. il mio amico ha una vita felice. piace prenderlo nel sedere e non si vergogna di dirlo. il mio amico è fidanzato. ora, dopo un master a N.Y., è ritornato qui in Italia. il mio amico vive abbastanza tranquillamente. nella sua zona la gente sparla, ride e lo accetta.
il mio amico però se ne infischia, non ha tempo delle dicerie da strada. lui dorme in un attico... modesto, ben arredato. ha una famiglia che gli vuole bene. il mio amico è stato massacrato di botte. ora riposa in pace con il suo compagno. scomunicati entrambi dalla chiesa. loro riposano nell'eterno... non nel paradiso, troppo banale sarebbe stato per loro finire in paradiso. loro meritano di stare nell'eterno e non hanno bisogno della calma, degli angioletti e dei papi e vescovi pedofili con manie sessuali. loro hanno scelo di prendere un'altra strada e di percorrerla all'infinito. ora la tomba è bella colorita di fiori e alla tv mandano, ipocritamente, schifati notizie sulla morte del mio amico. dicno: non succedrà più, o speriamo la gente cabii, li accetti. sono uomini. è così che dicono alla tv... sono unomini. dio, che ridere. ci mancherebbe che fossere trattati anche da animali. dicono: in fondo è gente come noi. no, non come voi. mai come voi, poveri repressi. loro hanno fatto scelte. noi ci facciamo segliere, vestire, ipnotizzare e inculare da tutto quello che ci passa e ci dicono le industrie. ce la prendiamo in culo, senza mezzi termini. per questo, noi non siamo differenti da "loro". siamo uguali ma senza capacità, possibilità, di scelta.
ora smetto di fare prediche e finisco di vedere il mio tg, mangiando nestle, commentando su come sia ingiusto lo spreco di acqua e di come il mare sia inquinato. si, lo farò comodamente seduto. lo farò per scordare con problemi più seri la morte del mio amico... che presto i giornali scorderanno. e andremo avanti a bruciare barboni e cacciare clandestini, senza risolvere il problema stringendo patti su carta. il mio amico si stava candidando, forse sarebbe stato bravo o corrotto. ma, ora, continuiamo a riposare in pace... amen.

ho la chiamata alle quattro di pomeriggio. stasera ho una cena da amici alle nove.
la cena si terrà a casa di una nuova coppia appena sposata. una ragazza e un ragazzo. classico, come si vorrebbe. come dovrebbe essere. sposalizio in chiesa, festa, regali e luna di miele.
la cena termina. è stata una bella serata. mi sono divertito, tutti felici.
dopo qualche mese la coppia, normale, si lascia. non ci resto male. non mi interessa affatto, consolo il mio amico. il motivo? dice lei; che sono troppo diversi.
non commento. passano i mesi e il mio amico è sempre più fuori di sè. non pensa ad altro che a due persone completamente uguali. se lo volete sapere non è diventato gay. no, ora è un simpatico trentenne che vive con la mamma. la sua vera anima gemella.

quanto durerò, dice la farfalla, con questa vita lieta?
che cosa succede al mondo? dice il nonvedente.
chi è alla porta? dice il veggente.
chi può prevedermi? chi può accettarmi? chi può accontentarmi? chiede il vagabondo.

scrittore n°1...

domenica 6 settembre 2009

Sulla cima più alta... nel baratro più profondo.

PREMESSA: Non sono il tipo che scrive barzellette... adesso scrivo anche io qualcosa...

Sono seduto qui, nell’angolo di una strada, sento l'odore dell’umido addosso, piove, fa freddo. invidio chi durante la tempesta se ne sta nel suo posto al caldo. No, anzi non l'invidio per niente chi se ne sta nel suo posto al caldo. Io sono qui e mentre guardo l’ingorgo stradale che si accanisce su di me schizzandomi acqua sporca addosso. proprio come il cielo ha scelto di fare oggi. nella mia mente c’è altro, si... una casa, una famiglia, l’atmosfera notturna, la riunione davanti al camino, tutti al caldo, in attesa di guardare un film o disquisire tranquillamente... STOP!... Un altro schizzo addosso. sono fradicio. mi sveglio a volte. è incredibile come le situazioni più disparate possano portarti alla riflessione. mille idee che si accavallano le une sulle altre. tu sei li pronto a scacciarle... e loro torneranno, insistentemente a bussare alla tua dannata porta. tu ancora una volta non troverai il coraggio di lasciarle fuori. si proprio li... dove l’ingorgo si accanisce su di te. il cielo ti sputa in faccia, quando ti sembra di essere il più solo al mondo, e loro ti tengono compagnia. ma Alla fine dei conti io mi sento apposto. Io non ho bisogno di una stramaledetta casa con una famiglia e un camino. Io ho bisogno soltanto di me stesso e delle mie idee. e loro promettono di sollevarmi da questa situazione. chissà perché poi?... io non ci trovo nulla di spiacevole. si, certo, sono fradicio, ubriaco senza aver bevuto, sballato senza aver fumato eppure sono felice. di certo non sprizzo gioia, ma sono felice.
Dannazione! con chi sto parlando? siamo solo io, me stesso e il marciapiede bagnato che mi fissa da un eternità, mi chiedo cosa voglia da me. Comunque il punto è: io sono felice e non lo sono, infondo se uno si impone di essere felice, lo è... anche se tutto va di merda. ora mi chiedo: Potrei restare qui tutta la notte... prima o poi smetterà di piovere. Perchè alzarmi se qui sto bene? Io voglio restare qui ma non voglio.
Dannazione! non lo so. non lo so, Non bisogna mica trovare sempre una ragione. Io ci resto e Basta.
Io diventerò qualcuno, o forse qualcosa. La gente ricorderà le mie idee, il mio modo di pensare, e non me. ma si, Perché no? anche io posso diventare qualcuo, voglio dire, qualcosa. Il mondo offre così tante possibilità, il mondo è crudele, ma basta esserlo di più. dimostrare chi sei. bisongna solo trovare un modo per farsi apprezzare. solo.
Potrei diventare un poeta. chi, o cosa, è un poeta? Un ubriacone, un drogato che approfittando dell’assenza del suo senno, butta giù quattro parole su un pezzo di carta... lui non deve mica spiegazioni. fa soltanto in modo che venga letto ciò che la sua essenza, o ciò che ne rimane, ha vomitato. sta poi a qualche letterato, che magari ha sprecato tutta la vita per interpretare una sola poesia, sforzarsi di interpretare. di inventare un significato per delle parole che, infondo, potrebbero non avere alcun senso. Chi lo sa. il poeta non interpreta si lascia interpretare. intanto le sue parole, frutto di una sbronza, diventano famose ,chi le santifica, chi le considera lezioni di vita, chi non le capisce e pensa che sicuramente ci sia un significato troppo profondo, forse nascosto, forse troppo complicato per lui. A pensarci bene, non farò il poeta.
potrei diventare un pittore, lascerei che la mia astrazione parli per me. Cos’è un pittore? è un poeta bravo a giocare con le mani? un poeta che ha perso la parola? visto che molti dei quadri sono interpretabili? chissà, anche io potrei diventare famoso dipingendo la mia chiappa destra accanto alla faccia del presidente.Chi si prende gioco del pittore, chi la vede come ribellione verso lo stato, o semplice voglia di trasgredire. Come ho già detto lasciarsi interpretare. ma non sta a me farlo.
potrei diventare un musicista. potrei esprimere me stesso attraverso la musica, le note. loro scorrono e mi trasportano. Potrei diventare un virtuoso della chitarra, il batterista gay, il pianista pazzo che si da fuoco per spettacolo, il violinista solitario che spreca la vita a spaccarsi le mani. Sotto gli occhi di tutti.
ma se mi facessi prendere come burattino? un povero illuso che tenta il tutto per tutto pur di mettersi in mostra. insomma io non voglio che in futuro si stampi la mia faccia su una maledetta scatola di cereali o che si racconti di me in un libro per bambini. Mi rendo conto che più mi sforzo per trovare una soluzione... più ogni mio pensiero viene vanificato. mi sembra di essere, quasi, inutile. forse dovrei lasciarmi andare alla naturalezza, verrebbe meglio apprezzata. Si! io resto quello che sono, non poeta, non pittore, non musicista, non fenomeno da baraccone. non burattino nelle mani dell'industria.
solo io. Io.
il marciapiede bagnato che mi tiene compagnia, l’aria così crudele. comincio ad abituarmi.
Qui nel mio “caldo“ angolo di strada... ASPETTO CHE SIA IL MONDO A VENIRE DA ME.

Scrittore n°2...

open your legs...ops, volevo dire, arms

Cat Stevens infuria tranquillamente. Abbatte le barrierre del traffico mentale e degli ingorghi neuronali. il tempo si ferma; penso solo al grosso grumo accumolatosi nel mio intestino. i globuli rossi protestano e si conglomerano a formare una dura roccia di pensieri. e sale e scende, come un montacarichi, tra le mie budella e la mia gola. il bar ormai è pieno. fine anni sessanta. gli hippy impazzano, voglio essere uno di loro, non lo diventerò. mi attrae il loro stile libero. poligami, pacifisti, sicuramente non sotto effetto delle loro menti. le luci soffuse permettono ai miei occhi, già consumati dalle troppe smanettate, di intravedere qualche sedere.
non è affatto positiva come cosa; penso tra me. mi giro e mi rigiro sul mio sgabello, fradicio, in pellaccia rossa. non voglio pensare, sono alla sesta birra.
è triste ubriacarsi così, ma i soldi scarseggiano. e mia madre non sgancia più un centone. già bello pensare a lei in un momento così. per la cronaca non sono io che vivo con lei... è lei che vive con me. ora sento la testa pesante. ora vomito. ora divoro. ora sputo parti di me. ora.
ora, non c'è più un ora. la cosa ridicola è che non so per cosa piangere. ho una ragazza? si. ho un lavoro? si. ho una casa? si. sono il bene o sono il male? si, si? che cazzo significa si!?!?. perfetto ho perso il senno. mi lascio dominare dall'alcol. sono ancora io. si ma parlo. parlo davvero. parlo puro. senza peli sulla lingua. ora vado dal presidente e gli dico di fermare la guerra. si, ci vado. e magari, magari, mi faccio anche autografare le chiappe. che bello. sono felice.
devo ricordarmi di chiamare il mio capo. devo? no, non per forza. per rispetto, lo farò. gli dirò che apena peggioro torno al lavoro.
la notte suda, gronda rugiada. l'aria pesante; come dopo una notte di sesso. mi manca.
il juke box ama cat stevens, parte Father and Son.
ora nuoto nell'acqua sporca che affoga il mio cervello e lo mantiene fresco. ora penso. ora arriva, arriva, il dolore. ora vomito un'altra parte di me. ora, ora non c'è più un ora.
esco dal locale. sono gli anni dello sballo e di notte in giro puoi trovare chiunque. puttane, squillo, battone, gigolò, sindaci, parlamentari, ubriaconi, barboni, donne, bambini e uomini. tra loro non corre nessuna differenza. io cosa sono non lo so, non lo voglio sapere e non intendo scoprirlo. aspetto di prendere la farfalla delle 02:45. mi accascio sulla panca alla fermata. e aspetto. infilo una mano in tasca, bagnata. la risollevo. annuso. pipì. preso come da un raptus, riinfilo la mano, tento di salvare la roba. umide. dio, che schifo. accendo più e più volte. buonissima, canna alla pisciata. mi faccio della mia stessa medicina. sento dopo sei tirate che i neuroni mi fanno già vedere tutto più colorito. strano, di solito me ne serve almeno una intera per farmi stare più o meno allegro. sarà l'urina. sarà, saranno le parti di me del basso che incontrano quelle che sono, sempre state, in alto. spero non si facciano la guerra.
l'attesa è finita. è arrivata la farfala che mi porterà al mio bosco. fermate? no, non ce ne sono. diretto. diretto senza altre strade, un'unica decisione, come la mia vita. non cambio idea. sono un dio dorato? continuerò ad esserlo, sono un tossico? continuerò ad esserlo, sono omosessuale? continerò ad esserlo. sono io? si, no. non lo so. la notte sta finendo. la farfalla ha volato per tre ore. senza sosta, all'impazzata, per portarmi alla meta.
ora sono qui, ora vedo, ora sento, ora tocco, ora vomito. ora, non c'è più un ora. il bosco non c'è più. c'è mai stato?.
dopo poco l'accetto. il verde è inesistente. c'è grigio, grigio fuso al rosa della mattina. fredda, mi taglia gli occhi. impatto con la realtà. freddo. non pensare sarebbe troppo semplice, mentre le mie mani toccano la mia testa pulsante. sento le parti del mio cervello che vogliono scappare; non voglio ritornare alla ragione.
ma non sento, stacco le mani. voglio che il dolore entri dentro di me. il freddo, il dolore, la vita, il soffrire assieme agli altri. il marciapiede mi invita a salire. non ascolto nemmeno lui, non vedo perchè. in fondo non ci sono macchine in giro.
cammino in avanti, ballo. sono felice. la voce dice: usami. canto. poco, smetto subito. represso. ma continuo ad andare aventi. sento qualcosa dentro, ha voglia di andare avanti con me. ha voglia di partire e sognare.
in testa la musica del tranquillizzante cat stevens.
così apro le braccia. quasi volessi volare.
liberatorio.
libero.

che parola difficile.

non è la prima volta. non sarà l'ultima. e non sarà mai troppo tardi per rifarlo.

scrittore n°1...

sabato 5 settembre 2009

ORDINE IN STANZA !

ordine! questi sono i primi due post contorti e di senso astratto che scrivo; meglio scriviamo.

bene, primo scrittore: "mi presento... "

bene, secondo scrittore: "mi presento... "

questi post sono gettati in ordine sparso; come le magliette e i jeans che si buttano sulle sedie della stanza appena ci si spoglia per andare a letto. l'ordinata, e organoclettica, confusione dei neuroni che girano all'impazzata cercando un bagno dove liberarsi dei propri bisogni. bene proprio da li nascono i nostri post. non dall'iperuranio alla Platone... no, quelle idee sarebbe troppo bello averle. noi ci accontentiamo delle idee semplici, e talvolta scombinate, defecate dai nostri neuroni.

Momento di pazzia muahah

Un giorno a scuola un compagno passa ad Ugo un bigliettino, la maestra lo scopre e dopo aver letto il bigliettino dice a Ugo vai immediatemente fuori dalla classe, Ugo esce fuori dalla classe e li lo vede un bidello che gli chiede cosa è successo, Ugo dice che il compagno gli ha passato un biglietto, la maestra l'ha letto e l'ha mandato fuori... il bidello legge il biglietto e dice a Ugo: vai subito dal preside! Ugo perplesso va all ufficio del preside...

Il Preside chiede a Ugo cosa sia successo e Ugo risponde che il compagno gli ha passato un biglietto, la maestra l'ha letto e l'ha mandato fuori, fuori ha trovato il bidello che ha letto il biglietto e l'ha mandato da lui... Il Preside legge il bigliettino e dice Ugo vai immediatamente fuori dalla scuola. Sei sospeso!

Ugo va fuori dalla scuola. Torna a casa dove sua madre sorpresa dal fatto che non sia a scuola gli chiede cosa sia successo... e Ugo dice: il compagno mii ha passato un biglietto, la maestra l'ha letto e mi ha mandato fuori, fuori ha trovato il bidello che ha letto il biglietto e mi ha mandato dal preside, il preside ha letto il biglietto e mi ha mandato fuori dalla scuola, la mamma incuriosita legge il biglietto e furiosa dice: Ugo esci immediatamente da casa!

Ugo esce fuori di casa dove un carabiniere lo interroga sull accaduto... allora Ugo inizia: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto , mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, l'ha letto e mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa... e allora il carabiniere legge il biglietto e incredulo dice: Ugo vai immediatamente in prigione!

Ugo arriva in prigione e un galeotto lo interroga sull'accaduto... così Lui: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto, mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, che dopo averlo letto mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa, poi l'ha letto un carabiniere che mi ha mandato, qui, in prigione... allora il Galeotto incuriosito legge il biglietto e subito esclama: Ugo vai subito dal Boia!

Quando Ugo arriva dal Boia gli viene chiesto cosa sia successo... e Ugo: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto, mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, il quale l'ha letto e mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa, poi l'ha letto un carabiniere che mi ha mandato in prigione, il galeotto l'ha letto e mi ha mandato qui da te... Il Boia legge il biglietto e subito... ZAC. Ugo è morto.

Ugo va in paradiso, alla vista del ragazzo san Pietro rimane scioccato e subito gli chiede riguardo all accaduto... e Ugo: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto, mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, l'ha letto e mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa, poi l'ha letto un carabiniere che mi ha mandato in prigione, il galeotto l'ha letto e mi ha mandato dal boia... il Boia l'ha letto e mi ha ucciso, e cosi sono arrivato qui in paradiso... San Pietro volendo aiutare il ragazzo legge il biglietto ma ne rimane stupito e manda Ugo da Dio perchè incapace di giudicare la situazione.

Ugo arriva a Dio che gli chiede come mai si trovi in quel luogo... e allora Ugo: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto, mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, l'ha letto e mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa, poi l'ha letto un carabiniere che mi ha mandato in prigione, il galeotto l'ha letto e mi ha mandato dal boia... il Boia l'ha letto e mi ha ucciso, San pietro ha letto il biglietto e mi ha mandato da te... Così anche Dio legge il biglietto e infuriato manda Ugo all' inferno senza dare spiegazioni...

Ugo arriva all'inferno al cospetto del Diavolo; che chiede informazioni riguardo l'accaduto... e allora Ugo: un compagno mi ha passato un biglietto, la maestra l'ha preso prima di me e l'ha letto, mi ha mandato fuori, fuori ho incontrato un bidello, l'ha letto e mi ha mandato dal preside, il preside l'ha letto e mi ha sospeso da scuola, quando sono tornato a casa l'ha letto mia madre e mi ha mandato fuori di casa, poi l'ha letto un carabiniere che mi ha mandato in prigione, il galeotto l'ha letto e mi ha mandato dal boia.
il Boia l'ha letto e mi ha ucciso, San pietro ha letto il biglietto e mi ha mandato da Dio , Dio l'ha letto e mi ha mandato da te... Il Diavolo allora: "vediamo di risolvere questa situazione". E Ugo: ma posso sapere cosa c'è scritto su questo biglietto per creare cosi tanti problemi ?.
il Diavolo a quel punto dice: certo! PRENDE IL BIGLIETTO IN MANO PER LEGGERLO E IL BIGLIETTO SI BRUCIA...

Scrittore n°2...

Una briciola, Un tizzone ardente e... apoteosi dei sensi

miei cari 25 lettori. così esordiva nell'ottocento Manzoni con il suo i promessi sposi. bene io non farò questo. perchè voi non siete lettori e io non sono uno scrittore. voi per me siete solo autolesionisti cerebralmente, e virtualmente, lesi. siete solo delle valigie dove riversare i miei abiti sporchi. E io... Io non sono uno scrittore perchè ho sbagliato epoca in cui nascere. sarei dovuto nascere nell' ottocento; in una parigi fervida o in una macabra londra. sarei voluto nascere nell'ottocento; perchè ormai il futuro non è più quello di una volta, nemmeno le droghe sono più le stesse. vorrei essere nato nell'ottocento; per avere delle allucinazioni e non degli icubi.

Bene io non sono uno scrittore, ma: sono una puttana, sono un drago e un giullare.

qualcosa da leggere quando non si ha più niente da dire. quando dalla bocca gronda aceto di parole pesanti. e ormai sei stanco di andare a caccia di draghi. bene io sono il drago, qui, mi hai trovato. ora icendia i forconi e uccidimi. alla fine di questo sarai conscio della realtà e non andrai più a caccia di sordidi sogni. ora che la gente ha solo voglia di depressione e di sprecar fiato con discorsi raccapriccianti.

E' tempo di sfogare: la repressione, la delusione e la fantastica-follia che abbiamo dentro.

Bene io non sono uno scrittore, ma posso aiutarvi a far contorcere le menti e ad accettare questo mondo. posso; perchè c'è troppa voglia di rivoluzione, ma non di accettazione ed evoluzione.