mercoledì 9 settembre 2009

Pt.3 - tutte le migliori saghe sono tre. questo è il tre

sono talgiato fuori dal mondo. qui è solamente contaminato dalla modernità. come se portassimo un videoregistratore nel medioevo. faccio colazione e vado a fare un'escursione su in collina. c'è un tempio li. uno stupendo tempio, visibile anche dal villaggio. faccio tre ore di sentiero sterrato, con la temperatura che si abbassa e l'atitudine che aumenta. guardo giù e... no, non provo paura. non sono vertigini. sembra un plastico, come se una città di vermi si fosse sviluppata attorno ad un bonsai. iniziano le scale. che tortuose, come un millepiedi, si intrescano nella roccia fino ad arrivare al tempio. mentre salgo vedo la gente scendere. sembra oro. il colore della loro pelle cambia. la loro ricchezza interiore, la loro cultura seppur contadina, è fuoriuscita per farsi visibile a tutti. che ne pensi di continuare? dicono le mie gambe. il mio corpo parla, la natura parla, i miei neuroni infervorano è tutto vivo. spero di non essere paranoico. arrivo al tempio che il sole è già alto in cielo.
il caldo lo avverto poco. la gente prega in rigoroso silenzio. il rispetto, il pudore. sono schifato dalla nosta cultura; dal modo in cui si è evoluta. rispetto a questa gente mi sento un guscio vuoto. io, so che non c'entra niente, vorrei essere un monaco tibetano. mi godo il panorama che si estende fino alla nebbia degli occhi. immenso. solo. autosufficiente.
la cultura tao. l'essere nasce dal non essere. la visione più grande. trascendete, inscendente. oltre. c'è qualcosa oltre. non è solo materialismo e nichilismo. non sono più circondato dalla cultura occidentale.

diario di bordo del capitano: crisi stellare... sono finiti li stecchini e con loro la possibilità di vedere l'ultimo samurai. battuta ignobile, ma sognavo di farla.
non siamo noi che giriamo attorno alla galassia ma è la galassia che gira intorno a noi. siamo destinati a restare fermi per sempre. quindi, accettiamo la vita come viene e tentiamo di divertirci. ogni posto, anche il più bello, è una galera.
vado a pesca. e voglio affogarmi nelle ghiacciate acque del lago.

è pomeriggio. il solo è un limone in picchiata. diventa rosso fino a scomparire dall'altra parte del globo. è prorpio una brava puttana; penso. mi faccio largo nella boscaglia, nel fango e tra i rapaci neri che mi guardano con sguardo ingrifato.
i demoni chiusi nelle piccole case di legno, quasi come quelle dei cani, tacciono.
arrivo al lago, attacco l'esca all'amo e pesco. non l'ho mai fatto. mi metto in posizione yoga. ispiro, espiro, mi gratto le natiche; che stanno perdendo la sensibilità a stare sulla roccia. ora dopo ora, dopo ora, dopo ora mi accorgo che anche i pesci sono troppo furbi per me. così mi addormento.
sono svegliato dal rumore di schizzi d'acuqa.
donne, tante. si stanno lavando. nude. non provo niente ho accquisito uno strano senso del pudore. le guardo non troppo ossessivamente. voglio che mi vedano anche loro. ma sono troppo impegnate. capisco che sono lucciole. non hanno una casa, quindi, non hanno nemmeno un bagno. danzano e i capelli immobili, neri, come lame di rasoii schiaffeggiano l'aria. mi trascina la danza e cerco di copiarle. fallisco miseramente. ora la vedo, lei, non si differenzia molto dalle altre. non è particolarmente niente. è un pò in disparte. la guardo e con le mani gesticolo, putando verso di lei, dicendo: guardami... guardami... guardami.
lo fa. rimango una statua come un guerriero dell'armata di terracotta. pronto a combattere ma fossilizzato in una corazza di pregiudizi e paure.
mi faccio forza, sono un guerriero, sono l'ultimo samurai. circumnavigo il lago a piedi. ci incontriamo a metà strada. lei non parla. mi guarda. un bacio, profondo. poi mi discosta. è nuda, ha solo uno staccio tra le mani. mi spienge più lontano. il tempo di capire cosa stesse succedendo, lei, non melo da. è fredda, con la mano solleva lo straccio bianco, e fuoriesce un pugnale. va in affondo senza troppe smancerie, siamo solo al terzo appuntamento e già mi vuoi penetrare; penso io sorridendo. io avrei aspettato almeno una settimana. non mi sposto il cuore sparge il mio sangue in tutte le direzioni. su di lei. cado a terra e fisso gli alberi e li spiragli che le foglie creano permettendomi di vedere la luna. la luce. si inginocchia affianco a me e mi dice: non posso amare, non sono di nessuno. io sono di tutti e tu non puoi avere la presunzione di avermi per te.
il pensiero va a Dante; ha fatto un lavoro con i controcazzi.

diario di bordo del capitano: data terrestre sconosciuta. atmosfera fresca. si può respiarare. sono seppellito vicino ad un salice senza tomba nè lapide. crescerò con questa terra. sono parte di questa cultura ora. e potrò vedere la gente dorata tutti i giorni. sono felice. la giostra per me ha iniziato a girare. e io sto contribuendo con il mio corpo a dare carburante.

scrittore n°1...

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