domenica 6 settembre 2009

open your legs...ops, volevo dire, arms

Cat Stevens infuria tranquillamente. Abbatte le barrierre del traffico mentale e degli ingorghi neuronali. il tempo si ferma; penso solo al grosso grumo accumolatosi nel mio intestino. i globuli rossi protestano e si conglomerano a formare una dura roccia di pensieri. e sale e scende, come un montacarichi, tra le mie budella e la mia gola. il bar ormai è pieno. fine anni sessanta. gli hippy impazzano, voglio essere uno di loro, non lo diventerò. mi attrae il loro stile libero. poligami, pacifisti, sicuramente non sotto effetto delle loro menti. le luci soffuse permettono ai miei occhi, già consumati dalle troppe smanettate, di intravedere qualche sedere.
non è affatto positiva come cosa; penso tra me. mi giro e mi rigiro sul mio sgabello, fradicio, in pellaccia rossa. non voglio pensare, sono alla sesta birra.
è triste ubriacarsi così, ma i soldi scarseggiano. e mia madre non sgancia più un centone. già bello pensare a lei in un momento così. per la cronaca non sono io che vivo con lei... è lei che vive con me. ora sento la testa pesante. ora vomito. ora divoro. ora sputo parti di me. ora.
ora, non c'è più un ora. la cosa ridicola è che non so per cosa piangere. ho una ragazza? si. ho un lavoro? si. ho una casa? si. sono il bene o sono il male? si, si? che cazzo significa si!?!?. perfetto ho perso il senno. mi lascio dominare dall'alcol. sono ancora io. si ma parlo. parlo davvero. parlo puro. senza peli sulla lingua. ora vado dal presidente e gli dico di fermare la guerra. si, ci vado. e magari, magari, mi faccio anche autografare le chiappe. che bello. sono felice.
devo ricordarmi di chiamare il mio capo. devo? no, non per forza. per rispetto, lo farò. gli dirò che apena peggioro torno al lavoro.
la notte suda, gronda rugiada. l'aria pesante; come dopo una notte di sesso. mi manca.
il juke box ama cat stevens, parte Father and Son.
ora nuoto nell'acqua sporca che affoga il mio cervello e lo mantiene fresco. ora penso. ora arriva, arriva, il dolore. ora vomito un'altra parte di me. ora, ora non c'è più un ora.
esco dal locale. sono gli anni dello sballo e di notte in giro puoi trovare chiunque. puttane, squillo, battone, gigolò, sindaci, parlamentari, ubriaconi, barboni, donne, bambini e uomini. tra loro non corre nessuna differenza. io cosa sono non lo so, non lo voglio sapere e non intendo scoprirlo. aspetto di prendere la farfalla delle 02:45. mi accascio sulla panca alla fermata. e aspetto. infilo una mano in tasca, bagnata. la risollevo. annuso. pipì. preso come da un raptus, riinfilo la mano, tento di salvare la roba. umide. dio, che schifo. accendo più e più volte. buonissima, canna alla pisciata. mi faccio della mia stessa medicina. sento dopo sei tirate che i neuroni mi fanno già vedere tutto più colorito. strano, di solito me ne serve almeno una intera per farmi stare più o meno allegro. sarà l'urina. sarà, saranno le parti di me del basso che incontrano quelle che sono, sempre state, in alto. spero non si facciano la guerra.
l'attesa è finita. è arrivata la farfala che mi porterà al mio bosco. fermate? no, non ce ne sono. diretto. diretto senza altre strade, un'unica decisione, come la mia vita. non cambio idea. sono un dio dorato? continuerò ad esserlo, sono un tossico? continuerò ad esserlo, sono omosessuale? continerò ad esserlo. sono io? si, no. non lo so. la notte sta finendo. la farfalla ha volato per tre ore. senza sosta, all'impazzata, per portarmi alla meta.
ora sono qui, ora vedo, ora sento, ora tocco, ora vomito. ora, non c'è più un ora. il bosco non c'è più. c'è mai stato?.
dopo poco l'accetto. il verde è inesistente. c'è grigio, grigio fuso al rosa della mattina. fredda, mi taglia gli occhi. impatto con la realtà. freddo. non pensare sarebbe troppo semplice, mentre le mie mani toccano la mia testa pulsante. sento le parti del mio cervello che vogliono scappare; non voglio ritornare alla ragione.
ma non sento, stacco le mani. voglio che il dolore entri dentro di me. il freddo, il dolore, la vita, il soffrire assieme agli altri. il marciapiede mi invita a salire. non ascolto nemmeno lui, non vedo perchè. in fondo non ci sono macchine in giro.
cammino in avanti, ballo. sono felice. la voce dice: usami. canto. poco, smetto subito. represso. ma continuo ad andare aventi. sento qualcosa dentro, ha voglia di andare avanti con me. ha voglia di partire e sognare.
in testa la musica del tranquillizzante cat stevens.
così apro le braccia. quasi volessi volare.
liberatorio.
libero.

che parola difficile.

non è la prima volta. non sarà l'ultima. e non sarà mai troppo tardi per rifarlo.

scrittore n°1...

2 commenti:

  1. Punto primo l'immagine là in alto quasi quasi mi ha fatto vomitare, chè ho appena mangiato delle zucchine ripiene (sì alle CinqueMenoCinque mi è presa fame visto che non avevo mangiato a pranzo e allora mi son sparato giù uno spuntino).
    Comunque, seconda cosa. Nel profilo che usi tra i "sostenitori" non c'è il link al tuo blog. Non mi ricordo come ma puoi metterci il tuo link che non è male.
    Terzo punto. I tuoi post mi sono piaciuti. Sta roba dello scrittore 1 scrittore 2 mi sta simpatica. :)
    Grazie dei complimenti, troppo buono.
    Ora vado a piazzarmi anche tra i lettori fissi. Pare che sarò il primo :)

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  2. grazie, sei un mito. te lo riscrivo e continuerò a farlo. "il primo sostenitore" muahah.

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